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giovedì 29 ottobre 2009

Il latinorum temuto da Renzo Tramaglino e non solo

Renzo Tramaglino e il dottor Azzeccagarbugli
(I Promessi Sposi, cap. III)

Una cosa che piace immensamente agli italiani che scrivono saggi (ma anche che parlano un italiano corretto) è quello di infarcire il loro dire di espressioni latine (per non parlare di quelle francesi).


Sicché mentre Oltralpe, tutto viene rigorosamente tradotto nella lingua di accoglienza, in Italia si troveranno qua e là - metto giusto un assaggio - espressioni di questo tipo:

ante litteram - prima che la parola (o il concetto) esistesse


sic et simpliciter - così semplicemente, nudo e crudo


nec plus ultra - il massimo


a priori/a posteriori - prima ancora di sapere/conoscere/fare; dopo aver conosciuto/saputo/fatto, ecc.


mea culpa - tra due virgole, modo affettato di prendersi una colpa, ma più che altro per il motivo esposto nella locuzione che segue (captatio benevolentiae)


captatio benevolentiae - accaparrarsi la benevolenza, accattivarsi la simpatia (insomma, per piacere da subito ed esser perdonato - eventualmente - di aver pensato/detto/fatto qualcosa di sbagliato)

(dire una cosa) in camera caritatis (me lo diceva sempre un mio superiore, cioè) - lontano da orecchie indiscrete ( io troncavo subito la discussione: odiavo ed odio tale espressione)


incipit (più raro: explicit) inizio (epilogo, finale)


vexata quaestio - domanda, questione controversa sulla quale non si è ancora raggiunto un accordo comune


busillis - di difficile soluzione (in Francia c'è un alternativo, simile, ma non identico: voilà le hic, cioè: qui sta il problema)


lento pede (oppure pedibus calcantibus) - a piedi (con i piedi, fig. = à la va-vite, a volo d'uccello, alla carlona, male)


obtorto collo - di malavoglia, contro la (mia) volontà


ubi maior minor cessat - taccio, giacché dov'è il maggiore (superiore o di carica o di bravura), il minore deve tacere.
E quindi, in quanto minor, se qualcuno di voi vuol aggiungere altre espressioni che lui/lei usa quotidianamente, Prego, si accomodi.


En passant, aggiungo qui tre espressioni francesi - tout court - che sono molto à la page (anche se quest'espressione non è più dans le vent).



Per chi avesse voglia di approfondire, basta andare sull'onnipresente wikipedia a locuzioni latine, non potendovela dare brevi manu, metto qui il link.

E su gentile indicazione di un amico rigorosamente Anonymous, aggiungo un esilarante video:


giovedì 1 ottobre 2009

A richiesta


Grazie al contatore del traffico visite, vedo che ci sono persone che ritornano qui.

Se avete domande, dubbi, richieste (mi rivolgo SOPRATTUTTO MA NON SOLTANTO agli stranieri), chiedete via mail (a sinistra, sotto alle info personali) e - se posso - pubblicherò un post sul vostro argomento.

Tutti i significati della parola "stazione"




In italiano, stazione è una parola onnicomprensiva, molto più che nelle altre lingue. Deriva da un verbo latino, STARE, che significa STARE FERMO.

La stazione è quella dei treni (stazione ferroviaria), della metropolitana (anche se in genere si preferisce dire "fermata", come per i bus: nessuno dirà mai "A quale stazione scendi?"), dei tram, delle navi (stazione marittima), diventa appena un po' più moderna per l'aerostazione o la stazione spaziale (vecchia parola della fine degli anni '60).

La stazione può anche essere una stagione del cuore, della vita.
E non sono 14, le stazioni che percorre il Cristo nella sua via crucis?
Ma stazione (prima, seconda, difficilmente si arriva a una terza) è persino una fase di interpretazione di un testo letterario, per esempio.
E poi ci sono stazioni meteorologiche, dell'arte, qualcosa che assomiglia spesso a une halte più che a una vera e propria stazione.

Se dico stazione, così, che vi viene in mente?

A me, questo. Ma non esiste più, da molto prima che nascessi.