Pagine

giovedì 16 giugno 2016

Vita da cani!




Post per lettori non italiani, preferibilmente studenti semi-debuttanti.

 Molte sono le espressioni italiane che contengono la parola «cane» o «cani», nessuna di queste rende onore - per così dire - al cane o alla sua vita. Speriamo che sia solo perché un tempo i cani erano disprezzati, mentre oggi son diventati - perlomeno nelle società occidentali (particolarmente in Italia) -, compagni della nostra vita. Speriamolo.


il nostro MUSTANG  photo by JSPACCINI©2016

E dunque, ecco di seguito alcune espressioni con il loro significato:

vita da cani
vita grama, dura, senza soddisfazioni

non c'è/non c'era un cane
non c'è/non c'era nessuno

essere trattato peggio di un cane in chiesa
essere trattato malissimo 

manco a un cane (fam.) var. reg. manco a li cani
una cattiveria fatta che proprio non aveva ragione di essere

cagna, cagnetta, cagnaccia, una cagna in calore
riferimento sull'insaziabilità sessuale di bassa lega e riferito a una donna

che cane!
una persona cafona, maleducata, offensiva

fa un freddo cane
fa molto freddo, un freddo siberiano

mondo cane
espressione ormai desueta, posto a conclusione di un discorso negativo

cagnaccio
persona difficile da trattare, o anche calciatore particolarmente attento nella difesa (è un cagnaccio)

Fidanzato, ragazzo, compagno, partner, convivente, amante: istruzioni per l'uso




La signora rumena che lavora da me, Cristina, mi ha chiesto l'altro giorno: «Signora, perché sento dire questo è il mio fidanzato da donne di 60 anni? Non è una cosa da ragazzi?».

  Cristina ha ragione. E non ha ragione.
I fidanzatini di Peynet


Andiamo per ordine.

FIDANZATO/A: ha storicamente un significato ben preciso. Fidanzarsi voleva dire assumersi un impegno, un impegno per il quale si dà fiducia, si offre una garanzia. 

L'impegno e la garanzia si realizzano nel matrimonio. I fidanzati sono sposi promessi, promettono cioè di sposarsi al termine di un periodo più o meno lungo.


Caravaggio, La buona ventura

Tant'è che i Promessi sposi di Manzoni vengono tradotti in francese con il titolo Les Fiancés, i fidanzati (anche se nell'immagine della copertina francese, i personaggi del Caravaggio - la zingara che prevede il futuro e il personaggio che le porge il palmo - hanno poco a che fare con i Renzo e Lucia manzoniani...).

Quindi, da un punto di vista storico, i fidanzati si sposeranno (e si scambiano anche l'anello di fidanzamento). È la loro promessa (la loro scommessa).

Negli anni successivi al 1968, la parola appare quanto mai antiquata e la si preferisce sostituire con altre. 
Negli anni '70, in italiano si userà dire: il mio ragazzo, la mia ragazza, a indicare una certa leggerezza, un non-obbligo di matrimonio, un disincanto sbarazzino... e anche se poi molti di questi ragazzi e di queste ragazze si sposeranno tra loro a breve/medio/lungo termine, il disuso del termine fidanzato/a sta proprio a indicare che ormai due giovani possano stare un po' o tanto insieme, senza prendere però l'impegno di maritarsi.

In alternativa, ci sono molte varianti regionali. Ne cito solo alcune (sempre al maschile), se chi legge può indicarmene altri, arricchirò la sezione: moroso [=amoroso, con aferesi della *a iniziale], toso,  frego, duddo, damo e così via.

Resta comunque il fatto che questo tipo di fidanzato, ragazzo o moroso non convive con la sua fidanzata, ragazza o morosa che dir si voglia.  

http://italian.cri.cn/chinaabc/chapter14/chapter140405.htm
la concubina


Per gli innamorati coinquilini non sposati, ci sono infatti altri termini.
concubino/a: termine per fortuna tramontato e lasciato a coloro i quali hanno una prima moglie  e parecchie seconde mogli (realtà non italiana). E poi la concubina è mantenuta.
◉ Il termine è diventato desueto da quando (nel 1969) il concubinato non è più trattato come reato (TRECCANI);
convivente: (brutto termine) spesso lo si incontra nei fatti di cronaca nera riferito all'ambiente malavitoso e/o a gente non abbiente, con disagio sociale (il pregiudicato uccide la convivente);
partner:  il termine inglese è molto ambiguo e comunque poco usato, se non in ambito sportivo e professionale;
compagno: termine rivendicato e considerato politically correct. Chi ascolta questa parola nel momento delle presentazioni (p. es., ti presento Marco, il mio compagno), comprende che la coppia vive more uxorio senza essere sposata.

Altra cosa è il termine
amante*:  quasi sempre a uso dispregiativo, detto da altri e usato alla terza persona. Si usa quando la relazione d'amore e/o di sesso è adultera, cioè tra due non sposati tra loro (e comunque non conviventi)

Fin qui, le regole scritte e non scritte. Poi ci sono i nuovi modi di dire.
Già, perché un tempo dopo i cinquanta-sessant'anni non esisteva più una NUOVA vita sessuale o amorosa (non sono molto convinta di questo, diciamo che se ve n'era una nuova - dopo una vedovanza, per esempio, visto che il divorzio è arrivato in Italia solo nel 1970 -, diciamo che non si sbandierava in giro) e ci si rassegnava a vivere, bon gré mal gré, da soli.

Oggi, dopo uno o due divorzi, le persone - non tutte, ovvio - hanno voglia di ricominciare, ma... ognuno a casa sua.  
Le persone che hanno cinquanta-sessant'anni e più, in possesso di una propria casa, con un proprio reddito e soprattutto con le proprie abitudini, hanno voglia di innamorarsi di nuovo, di avere una persona accanto, ma nessuna intenzione di ricreare uno «stato matrimoniale» (neanche si debbono/possono mettere al mondo i figli!).

Sicché, se la salute tiene, ognuno se ne sta a casa sua: ci si vede quando si va, per andare a teatro o a un concerto, al cinema, per prendere un gelato, per fare le vacanze insieme, o anche solo delle lunghe e belle passeggiate, ci si incontra durante il week-end per parlare, per baciarsi, per fare l'amore... 


È un menu à la carte : insieme solo per fare e condividere cose belle. Non è una meraviglia?
A cinquanta, sessant'anni e oltre, insomma, si diventa fidanzati a oltranza. Con buona pace dei  puristi linguisti o moralisti.

E questo è quanto ho spiegato a Cristina.

__________
* altra cosa è amante delle lettere, amante del bel canto, amante delle arti...

sabato 11 giugno 2016

Non si dà del tu a tutti!

Premetto che non ho mai amato dare del «tu», senza essere in confidenza con la persona a cui lo rivolgo; senza essere una «bacchettona», senza tenere ai formalisti, trovo che la predominanza del «tu» (perlomeno a Roma) abbia un lato di arroganza (assuro a simbolo di falsa democrazia del genere siamo tutti uguali), aggressione e mancanza di considerazione nei confronti di chi si ha avanti.

Sono tornata in Italia dopo 20 anni e mi accorgo che ormai non ci sono più confini, il tu è transnazionale, transgenerazionale, transepocale, transessuale, travalica, travolge e appiattisce ogni forma di rapporto.

Vado dal parrucchiere e il garzone di 18 anni (io ne ho quasi 60) che non mi ha mai vista in vita sua mi fa: «Siediti qua». 



 dal video  https://www.youtube.com/watch?v=F7iAanpTvx4 


Do del lei a tutti quando non conosco, persino a un ragazzo che potrebbe essermi nipote.
Per rispetto e  perché non siamo parenti, né colleghi; perché non abbiamo mai mangiato insieme; perché non ci conosciamo.

Entro in qualunque negozio e (mi) si dà del tu.
Vado in un ministero e l'usciere (mi) dà del tu.
Vado alla posta e l'impiegato  (mi) dà del  tu. [A parte uno, che mi dà del voi].
La cassiera (mi) dà del tu, la guardia di sorveglianza della metropolitana (mi) dà del tu.

Le cose son due: o io ho fatto un bagno di giovinezza a mia insaputa (e non è), oppure è tempo di tornare alle (ricordare, apprendere le) regole più semplici e basiche dell'interazione civile con estranei:


NON SI DÀ DEL TU A TUTTI

Alle persone che non si conoscono si dà del lei. A prescindere, direbbe Totò.