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martedì 27 aprile 2010

L'errore del capitano Archie Hicox

Il film Ingloriousus  Basterds di Quentin Tarantino mi offre la possibilità di parlare di gesti. Più particolarmente, dei gesti delle dita che indicano i numeri e che come sappiamo (ma la mia è una conoscenza molto limitata) rivelano un'identità se non proprio nazionale, comunque per gruppi di aree geo-linguistiche.

Veniamo al film. Nella sequenza girata in una bettola, tre falsi ufficiali tedeschi (uno solo di loro è realmente tedesco) incontrano un'attrice tedesca (Diana Kruger) che è una spia degli Alleati. Il luogo si scopre essere frequentato da soldati e soprattutto da un attento nazista  in grado di riconoscere dall'accento dell'interlocutore  la sua provenienza geografica.

Il capitano Archie Hicox (un critico cinematografico sopraffino nel suo Paese, il Regno Unito), incaricato dell'Operazione KINO, è vestito di tutto punto come capitano germanico, ne ha persino la faccia e parla correntemente il tedesco (per me, lo parla benissimo), ma non convince un "vero" tedesco come l'ufficiale della Gestapo.

Alla domanda Lei, Capitano, da dove proviene?,  riesce a cavarsela declinando i suoi natali in un remoto (probabilmente inventato) paesino montano (penso a certi italiani del Trentino Alto Adige che quando parlano italiano sembrano austriaci)... Ma poi commette un errore grave, questo:



Vedete le dita? Ha appena ordinato tre whisky. Ha sollevato l'indice, il medio e l'anulare.

lunedì 26 aprile 2010

Congiuntivo o condizionale?

Molte persone sbagliano l'uso del condizionale, usandolo al posto del congiuntivo.

Ne ho avuto riprova proprio quest'oggi, alla tv. Durante la Prova del cuoco, ho sentito lo chef Gianfranco Vissani inciampare su questo tipo di errore, errore che è dovuto alla presenza della congiunzione *se*.

Allora, ne approfitto per fare un po' di chiarezza:


Mi chiedo se andrei fino in fondo a questa vicenda 

Non so se vorrei vivere una vita con te

  • Come vedete, *se* vuole il condizionale quando segue un verbo che introduce la frase interrogativa o dubitativa.
            Complichiamo:
     Mi chiedo che cosa farei se dovessi mostrare un briciolo di coraggio
          Ti chiese se saresti andato fino in fondo

    Nel primo caso abbiamo il verbo interrogativo pronominale CHIEDERSI seguito da *che* + condizionale
    (presente come è al presente - indicativo - il verbo della principale) e poi un se che significa *qualora*, *nel caso in cui* e che esige il congiuntivo (esprime un'ipotesi)

    Nel secondo caso abbiamo il verbo CHIEDERE  seguito da *se* + condizionale (passato come è al passato - remoto dell'indicativo - il verbo della principale).


    Benedetto periodo ipotetico! Ma qual è il periodo ipotetico?

    venerdì 9 aprile 2010

    Giochi di mano, giochi da... Cappotto!

    I bari di Caravaggio

    Oggi, due espressioni legate a giochi . Giochi di carte, ma anche altri tipi di giochi.

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      fare cappotto


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    Innazitutto: che cosa significa? 
    Chi usa l'espressione "[Ho/Abbiamo fatto] cappotto!", sta dicendo che ha vinto, stravinto, contro un avversario che non è riuscito neppure a fare il punto dell'onore.
    E allora che cosa c'entra il cappotto? Nulla.

    È una storia complessa di calchi linguistici e di allegra confusione. Speriamo di riuscire a farci capire. La parola viene dal francese *capot*. Non ha nulla a che vedere con il cappotto nostrano (o meglio, anticamente un capot era un mantello con cappuccio) bensì con i giochi di carte. 

    Solo che esiste la posizione passiva di *capot* . Colui che a carte è capot, potremmo dire che è K.O., cioè non ha vinto neanche una mano. Quindi, chi vince tutte le mani e non concede nulla all'avversario, lo rende, lo fa capot. Faire capot quelqu'un

    A questo punto, in Italia, probabilmente nel francesissimo '700, si prende l'espressione quale essa è e si fa un calco. *Faire capot* diventa *fare cappotto*. Ma l'indumento non c'entra nulla.


    Continuando a giocare a carte, per esempio a «Sette e mezzo» (leggi qui le regole se non le conosci), può capitare che un giocatore dica: *Ho sballato*. 

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    sballare

    balle di fieno
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    Sballare significa superare il punto (in questo caso: sette e mezzo) che si deve raggiungere. Se si fa 7 non si sballa, se si fa 8, 15, 20 - insomma qualunque somma superi il 7 e mezzo,  si sballa.
    Ma c'entrano le balle (cfr. foto qui sopra)?
    Sì, nel senso di disfare la balla (ma quella di tela, non quella di fieno della foto), come se con quest'atto si perdesse tutto e quindi si fallisse (almeno questo è quanto attesta il dizionario etimologico). 
    In realtà, il nostro concetto di sballare è tutto come se la balla fosse una misura contenitrice e la "s" iniziale ne indicasse l'esondazione, la fuoriuscita, la dismisura. 
    Va di sé che chi sballa, non vince.
    Poi, c'è lo sballo che nulla ha (a) che vedere con il gioco. È il divertimento basato su sbronza o droga. Oppure le due cose insieme. Meglio evitare, magari.