Pagine

mercoledì 23 giugno 2010

Un caso di pseudoidentità di significato: serio vs serioso



Mentre leggevo On n'y voit rien, un testo del compianto Daniel Arasse (uno storico dell'arte), trovo questa frase:


«Ce ne serait pas sérieux. Serio ludere, "jouer sérieusement", tu connais pourtant ce proverbe  de   la  Renaissance (...). On dirait que, pour être sérieuse, tu devrais te prendre au sérieux,  être seriosa et non seria comme vous dites en italien (...). Toi, Giulia, seriosa? Par pitié !»[1].

No, mi dispiace, Daniel Arasse: serioso non significa prendersi sul serio, in italiano. Nessuno di noi si autodefinirebbe (per giunta come complimento) come serioso o seriosa. Mai e poi mai.


Aggiungo che sono gli altri che ci attribuiscono eventualmente tale atteggiamento: serioso/seriosa. 
E che è sempre e solo un atteggiamento superficiale e che inficia la reale serietà di una persona.

 

Rouault
________
[1] «Non sarebbe serio. Serio ludere, "giocare seriamente", eppure lo conosci questo proverbio del Rinascimento (...). Si direbbe che, per essere seria, tu dovresti prenderti sul serio, essere seriosa e non seria, come dite voi in italiano (...). Tu seriosa? Pietà!», in: Daniel Arasse, On n'y voit rien, Paris, Folio essais, 2000, p.13. Mia la traduzione. Esiste la versione in italiano, dal titolo Non si vede niente.

sabato 19 giugno 2010

La storia di una parola: nostalgia

Nostalgia (1) viene dal greco “nostos” “ritorno” e “algos” “dolore”, ma è un greco di conio moderno; alsaziano per la precisione. Il primo ad aver usato il termine è tale Johannes Hofer, laureando in medicina originario di Mulhouse, nel 1688. 

Argomento della sua tesi di laurea era quella malattia che spesso coglieva gli svizzeri durante il servizio militare in eserciti stranieri. E’ solo alla fine dell’Ottocento che tale termine esce dai confini medici, più precisamente nel 1874.





Lo ritroviamo come titolo di un poemetto carducciano (Nostalgia, 1874), in cui il poeta ritorna col pensiero alla Maremma e alla sua adolescenza. Se in Malombra (1881) di Fogazzaro, la “nostalgia” è uno stato d’animo di profonda tristezza per la patria lontana (nel romanzo, è la moglie di Steinegge che a New York si ammala di nostalgia), in tempi più moderni, “nostalgia” accoglie, unendoli, due significati: unisce al vagheggiamento della terra perduta anche il sentimento di malinconia struggente per un’epoca che non c’è più o meglio per la giovinezza ch’era in essa contenuta, fino ad accogliere anche l’accezione negativa in senso politico.

Se torniamo al significato introdotto da Giosuè Carducci nel suo poemetto, ci si rende conto che nostalgia è la mancanza di qualcosa che non fa più parte del presente durativo dell’esistenza di un individuo: terra lontana, passato, gioventù, sogni e speranze, mettono in moto la memoria e con essa il tentativo di recuperare quel che è perduto, fissandolo sulla pagina scritta. Ma quanto più è lontano nel tempo quel che si vuole recuperare con la memoria, tanto più difficile risulterà l’oggettivazione di tale operazione (2).

______________________

(1) Cfr. Cortellazzo-Zolli, Dizionario etimologico della lingua italiana, 3/I-N. Bologna, Zanichelli, 1983, p. 810.
(2) Le informazioni sono tratte da « La memoria ritrovata in Cesare Pavese. Riflessioni su La luna e i falò a confronto con Il Quartiere di Vasco Pratolini», in :  Jacqueline SPACCINI, Aveva il viso di pietra scolpita. Cinque saggi sull'opera di Cesare Pavese. Roma, Aracne editrice, 2010, pp. 15-16.

Scusa, scusi: quale usare?




Quando uno non capisce quel che gli vien detto o richiesto, in italiano si può rispondere (con una domanda)  in vari modi. 

Tuttavia, i modi non sono socialmente sinonimici.

Ecco qualche esempio:

Scusa? Scusi? (a volte anche Pardon?)

è la forma più gentile, formale, corretta.

Come (, scusa/scusi)? 

nello standard, è  la forma più usuale

a) Che? 
b) Che cosa?
c) che hai detto?  (slang romano: c'haj detto?)

nel parlato,  nella lingua familiare, è assolutamente la forma più usata. Presuppone una certa confidenza, altrimenti è una risposta maleducata.

L'importante è saperlo.