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venerdì 8 ottobre 2010

Storia della parola "vaglio" e suo utilizzo

Oggi, mentre leggevo un romanzo, la mia attenzione si è appuntata su questo passaggio:

Come la febbre mi lasciò fui ricondotto alla mia cella: ero così estenuato che da allora ci vissi senza ripugnanza. Il dottor Petti, medico del carcere, mi aveva raccomandato di prendere aria quanto più potessi, ma io non avevo forze bastanti per scendere nel "vaglio", il cortiletto dove ci era concesso di camminare su e giù come tristi belve in gabbia...

Il vaglio. E mi è venuto in mente quante volte diciamo (o sentiamo dire): passare al vaglio, la dichiarazione è al vaglio degli inquirenti... 
Ma che cos'è il vaglio?

Ho come al solito consultato il dizionario etimologico, scoprendo una volta di più che usiamo le parole correttamente, ma non sempre con cognizione di causa:


Insomma, una sorta di setaccio. E quindi di significato traslato in significato traslato, il cortiletto dei detenuti del romanzo che sto leggendo, doveva essere così stretto da assomigliare a un crivello, un setaccio.

crivello del XIX secolo (Castelvenere, Benevento)


Il romanzo in questione è Noi credevamo di Anna Banti.

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