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venerdì 26 giugno 2009

Nano e altre parole ormai politically incorrect

la foto è di ♥iana♥

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La parola: nano
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Ci sono parole che hanno subìto un ostracismo, una gogna e un declino inesorabile. A vantaggio (magari) di un eufemismo.

Una di queste parole è *nano* (ma vale anche per cieco, sordo, muto, handicappato, disabile, etc.... Dovrei scrivere un post per ognuna di queste).

Se ci si riferisce a una persona affetta da (cito il dizionario De Mauro) "anomalia dell’accrescimento somatico contrassegnata da riduzione dello sviluppo della statura e anche del peso della massa corporea", la parola è bandìta.
E al suo posto, non si sa bene che cosa usare.

In Francia (Paese in cui vivo), hanno risolto con l'espressione *personne de petite taille* (1), ma in Italia la traduzione equivalente non funziona.


Essa è correntemente usata:
  • per i nani di Biancaneve (siano essi quelli della favola o quelli di gesso che si mettono in giardino)
  • nel suo significato figurato, (cito sempre Tullio De Mauro) per "persona di scarsa levatura intellettuale e morale" (il minus francese)
  • per l'attuale presidente del consiglio (in senso ovviamente spregiativo), dacché un ex comico italiano divenuto opinionista, Beppe Grillo, lo qualificò "psiconano" (unendo così, con una sola parola, scarsa altezza fisica e levatura morale)
  • per i personaggi presenti nell'arte (penso per esempio alle varie rappresentazioni che ne ha dato il pittore spagnolo Diego Velazsquez)
  • in medicina è termine corrente (ma amerei conferma da parte di un medico).


Resta che si prova imbarazzo a designare una persona per la sua patologia.

Si potrebbe obiettare che invece di ricorrere all'eufemismo, potremmo bellamente saltare l'ostacolo non dicendo nulla, facendo un'ellissi.

Certo, ma non è un modo di risolvere la questione verbale, bensì una maniera di evitarla.

Per una riflessione competente sul coinquilino segreto che ci abita, rimando a questo bel post dello psicologo e analista Luciano Perez (clicca qui).

P.S. Che il politically correct (o incorrect) sia una sottile ipocrisia me lo dà a pensare il ricorso all'espressione straniera. D'altra parte, confesso che quando leggo Italo Calvino scrivere *negro* senza porsi problemi di sorta (fino alla fine degli anni Sessanta si usava) non posso impedirmi di sentire una scossa elettrica lungo la spina dorsale e un moto di disgusto salire alla bocca.
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(1) A questo proposito, credo che un buon aiuto alla sensibilizzazione francese sia stato occasionato dalla fortunata serie TV Joséphine, ange gardien interpretata dall'attrice lionese Mimie Mathy.

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